Le origini e la storia del Torrone
Che Natale sarebbe senza albero e lucine, cene e pranzi in famiglia, piatti tipici e… torrone? Già, questo dolcetto ben noto a tutti, così apprezzato sulle nostre tavole, è associato all’idea delle festività natalizie. Eppure, non è sempre stato così. Agli inizi del Novecento, infatti, una barretta di torrone era preparata dai fornai alla fine della lavorazione del pane, senza alcun riferimento a festività o a stagioni.
Facciamo un salto indietro nel tempo, cercando di ricostruire passo dopo passo la storia del torrone, in modo da gustarne non solo il sapore, ma anche il fascino delle sue origini (con un pizzico di mistero).
Le origini del torrone
Stiamo parlando di uno dei dolci più antichi di sempre, frutto dell’unione di sapori genuini e semplici, come quello di miele, zucchero e frutta secca (dalle arachidi alle noci, dalle mandorle alle nocciole). Il torrone, storicamente chiamato col nome di “halva”, ovvero “dolce”, era particolarmente apprezzato ad Est, dalla Cina al Medio Oriente. E anche l’Italia non ne era meno appassionata, a tal punto da assistere nei secoli a una sorta di “gara” tra i comuni per accaparrarsi il primato di creatori del torrone tradizionale.
Tra le versioni più famose, sicuramente spicca quella del torrone cremonese. Secondo le fonti storiche, il dolce pare sia stato preparato per la prima volta durante la celebrazione delle nozze di Bianca Maria Visconti con Francesco Sforza. Anno? 25 ottobre 1441; è allora che il torrone venne proposto ai banchettanti sottoforma di Torrazzo, ovvero riproducendo la torre campanaria della città di Cremona.
Ma anche Benevento rivendica l’origine del torrone, facendo appello a documenti storici del III-IV secolo a.C. Ancora? Tito Livio ne parla, nel I secolo, attribuendogli il nome di “cupedia” (“ghiottoneria”), modo ancora usato nel gergo di alcune regioni per far riferimento al dolce: “cupeta” in Salento e in Calabria, “copata” nel senese, “copeta” in Campania. In quest’ultima regione, poi, il torrone è legato alla festività dei morti, il 1° novembre, quando si è soliti mangiare il dolce pensando ai defunti che, scendendo sulla Terra, troverebbero così uno speciale benvenuto.
Altri nomi con cui chiamare il torrone? “Cubbaita” e “giuggiulena”. In particolare, questi termini farebbero pensare all’origine arabeggiante; gli Arabi, infatti, usano tutt’oggi la parola “giuggiulena” per indicare un dolce al miele e sesami, con semi tostati.
Ma, diciamolo, di torrone non ce n’è solo uno, ma diverse varietà, tutte da gustare.
Le varietà del torrone
Torrone morbido o più duro, con mandorle o nocciole, addirittura con un po’ di cioccolato: ce n’è davvero per tutti i palati! Le varietà molto dipendono dal tempo di cottura; la pasta tenera è legata a poco tempo in forno, mentre quella più friabile è tipica dei torroni cotti anche per 12 ore.
Inoltre, a fare la differenza è la presenza di miele e zuccheri, in proporzioni variabili. Infine, i torroni assumono un gusto differente a seconda che si aggiungano nell’impasto mandorle o nocciole tostate.
Nell’immaginario collettivo, classicamente il torrone è caratterizzato da un impasto duro a base di mandorle, miele, albume, avvolti da un sottile strato di ostia bianca. In Sicilia, poi, la tradizione culinaria la fa da padrona e la presenza del pistacchio e di frutta candita è quasi d’obbligo.
Torrone: un dolce calorico?
Uno strappo alla regola è sempre concesso, soprattutto se lo si fa con un dolce genuino e di alta qualità, come il torrone. E se questo dolce affonda le sue radici in un passato così remoto, senza perdere mai vitalità, allora una concessione ci sta, senza troppi pensieri.
Certamente, per i più attenti alla linea, parliamo di un dolce ricco di zuccheri, ma anche di tante proprietà nutritive, grazie alla presenza della frutta secca e del miele. Dunque, perché non goderne un po’, e non solo a Natale?!
Il torrone oggi: le maggiori produzioni
Oggi il torrone è sicuramente uno dei dolci più diffusi in Italia, ma anche fuori dai nostri confini.
Le produzioni si concentrano nel cremonese, nel beneventano e in Piemonte. Ma esistono più sedi dedicate all’elaborazione del dolce, dal Veneto alla Calabria.
Più caratteristico, e quindi da ricordare, è poi il torrone della Sardegna, facile da riconoscere per il suo gusto più intenso e la sua morbidezza, senza zuccheri, ma fatto con solo miele di macchia mediterranea, che gli conferisce il color avorio. Come già detto, tendente al verde è invece quello siciliano, di Caltanissetta, che vede l’aggiunta del pistacchio, oltre al miele e alle mandorle.
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